La differenza è portatrice di ricchezza e l’inclusione e i legami sociali possono essere costruiti e vissuti positivamente fin dalla prima infanzia. Sulla base di questa idea si è concretizzato un percorso che avvicina il mondo dei bambini con età 1-3 anni alla realtà della disabilità.
Il progetto è rivolto alle persone adulte con disabilità che frequentano i centri diurni dei territori coinvolti: centri socioeducativi (CSE), centri diurni disabili (CDD) e servizi sperimentali e di formazione autonomia. Gli attori del progetto non sono solo i bambini e le persone con disabilità coinvolte direttamente, ma tutte le figure educative che operano nei nidi e nei centri diurni. Tutti i partecipanti rivestono il ruolo di mediatori consapevoli negli incontri e sono protagonisti dei legami che si creano.
Quest’anno le persone direttamente coinvolte sono state circa 180. “La differenza c’è ma che differenza fa?” coinvolge la comunità in modo allargato, raggiungendo anche soggetti non direttamente protagonisti dell’esperienza. Le famiglie dei bambini, ad esempio, vengono non solo informate all’inizio del percorso, ma sono costantemente coinvolte dalle educatrici e dai figli attraverso racconti, materiali prodotti, foto e video che documentano quello che realmente succede nelle giornate. Anche le famiglie delle persone con disabilità vengono raggiunte dagli echi del progetto, poiché possono conoscere aspetti e risorse sorprendenti che i propri cari mettono in atto con i bambini. Ma la propagazione non si ferma qui, altri colleghi delle équipe dei centri e dei nidi, altre persone con disabilità dei centri, ricevono sollecitazioni, narrazioni e collaborano indirettamente avvicinandosi a questo progetto.
UN’ESPERIENZA CHE È CRESCIUTA DA UN’INTUIZIONE E CHE HA TROVATO SPAZIO E RISONANZA NEL TERRITORIO
Il progetto nasce nel 2011 da una sperimentazione della Cooperativa Duepuntiacapo (Capofila della coprogettazione) che ha introdotto un primo gruppo di persone disabili in due nidi privati di Bollate. A fronte di questa positiva esperienza, nel 2017, l’iniziativa attrae l’attenzione del Piano di Zona di Garbagnate Milanese. Questo ente, che si è sempre mostrato attento nei confronti dei diritti delle persone con disabilità, ha saputo leggerne il valore sociale e decidere di scommettere e investire, potenziando la rete del progetto, promuovendone l’apertura ad altri centri e altri nidi. Riccardo Morelli Assistente Sociale e Coordinatore presso l’Unità Zonale Disabilità dell’ambito del Piano Sociale di zona di Garbagnate Milanese ha svolto un lavoro capillare di rete, volgendo lo sguardo ai nidi dell’ Azienda Consortile Comuni Insieme e coinvolgendo figure professionali preziose, come le pedagogiste Daniela Nardellotto e Patrizia Pillitteri che hanno progettato l’intervento con l’ educatrice e Coordinatrice Progettuale di Duepuntiacapo Ylenia Corneo, costruendo un’équipe multidisciplinare capace di lavorare in sinergia. L’anno 2023-2024 è stato un anno importante perché ha segnato la ripresa della prima progettualità completa dopo la Pandemia. La ripartenza del progetto è stata molto attesa e ha visto tornare sul campo protagonisti vecchi e nuovi. I centri della cooperativa Duepuntiacapo: CSE Nemo, CSE La Torre, SFA DDF, il CSE Albero del Sorriso (Comune di Senago), il CSE Larcobaleno (Cooperativa Sociale Larcobaleno) e CDD centro Anch’io di Bollate (Azienda Consortile Comuni Insieme). Quest’anno hanno partecipato per la prima volta anche il CSE il Ponte di Novate Milanese (ANFASS sezione di Novate e Bollate) e il CDD Archimede di Garbagnate Milanese (Azienda Consortile Comuni Insieme).
I nidi coinvolti sono attualmente 6: il Girasole di Solaro, il Giardino dei Lillà e il Giardino dei Ciliegi di Bollate, il Germoglio di Baranzate, Larcobaleno di Senago, e Pantachora di Paderno Dugnano. A questi si aggiunge la sezione primavera della scuola paritaria San Luigi di Garbagnate Milanese.
LA PRATICA DI “STARE IN RELAZIONE”
Bambini e persone adulte con disabilità, vivono insieme, una volta alla settimana, un percorso di relazioni in cui, anno dopo anno, si conferma che ogni soggetto mostra naturalmente il meglio di sé. All’interno dei percorsi, che si svolgono tra febbraio e giugno, nascono spontaneamente congiunture che variano da momenti di cura degli adulti verso i piccoli, alla condivisione del pranzo, allo sviluppo di idee legate ad esperienze che portano alla creazione di materiali, come oggetti sensoriali ma anche rappresentazioni di storie animate e libri autoprodotti da utilizzare come strumenti di lavoro con i piccoli.
Questi incontri, non sono pensati come “laboratori” organizzati, ma piuttosto come giornate di vita condivisa, in cui i bambini e le persone adulte con disabilità si relazionano instaurando legami che valorizzano la funzione sociale e lo scambio empatico.
Tutto questo materiale conferma il valore generativo dell’incontro tra mondi e modi di essere nel mondo.
LE EVIDENZE DELL’INCONTRO RACCOLTE DAI DIVERSI PUNTI DI VISTA
L’esperienza all’interno del nido, dove le forme di comunicazione spesso non passano solo da canali verbali, diventa una interessante possibilità per le persone con disabilità di mettere in campo le loro competenze empatiche e comunicative aprendosi, attivandosi e pensandosi “in altri modi”. Dall’essere sempre al centro dei pensieri di qualcuno passano al decentramento, divenendo essi stessi persone che si mettono a disposizione degli altri, in questo caso dei bambini. Progressivamente si posizionano come adulti e si offrono di giocare, di leggere o cantare per loro, di servire il pasto o sedersi al loro fianco, perché leggono un bisogno o rispondono ad una richiesta. Si genera così una consapevolezza del “fare per l’infanzia” nel quale acquisisce un senso diverso il travestirsi o l’immergersi in esperienze sensoriali e in cui il fatto di cullare o rimanere fermi in silenzio sono parte “dell’essere nel progetto”. Uno scambio sempre misurato e diverso rispetto alle specificità dei bambini.
La tolleranza e la pazienza verso le richieste a volte incalzanti dei più piccoli, permette alle persone con disabilità di agire sulla loro capacità di autocontrollo, smorzando le frenesie e favorendo un legame positivo. La naturale propensione dei bambini a riconoscere le persone con disabilità come persone adulte spinge quest’ultime a divenire risorsa in modi a volte inattesi, e rafforza la loro autostima. Anche i bambini, in presenza di persone adulte nel nido, cambiano il loro atteggiamento: si genera per loro la possibilità di poter vivere delle esperienze con persone con disabilità che si mettono a disposizione. Ciò incrementa la curiosità e la voglia di esplorare nuovi modi di comunicare, giocare e studiare l’altro. Questa possibilità di vivere esperienze diverse crea nei bambini legami stabili e un maggior ascolto dei pari e delle regole sociali: ad esempio sono stimolati ad imparare ad attendere il proprio turno per giocare o a condividere materiali e giochi in maniera più delicata.
La possibilità di vivere relazioni in modalità ludica in cui non vi sono richieste di performance, spinge gli adulti ma anche i piccoli a trovare strategie per generare un clima di benessere. Nel nido, “la differenza diventa risorsa”: ciò che in un contesto diverso potrebbe essere letto come inadeguatezza, abbatte le barriere del linguaggio, dei movimenti e del fare. Si creano legami comuni, basati sul riconoscimento reciproco.
COPROGETTAZIONE: NUOVE TRAIETTORIE PER COSTRUIRE SUL CAMPO L’INCLUSIONE
Il ruolo delle educatrici e degli educatori che lavorano nelle realtà dei nidi e dei centri è quello di porsi come mediatori, facilitando i momenti di contatto, strutturando gli spazi fisici e progettando le attività: una piccola ritualità come una canzone, una proposta manipolativa, una lettura, possono favorire il contatto, ma spesso rappresentano solo uno dei possibili strumenti per arrivare all’altro. La coprogettazione costante e la condivisione dei contenuti tra équipe diverse risultano preziosi e fondamentali.
Questa modalità di lavoro (coprogettazione tra équipe afferenti a realtà diverse) è sempre stata un obiettivo importante e ambizioso per la Cooperativa Duepuntiacapo fin dall’ideazione del progetto, obiettivo che si è concretizzato realmente grazie al dialogo con il Piano Sociale di Zona. Quest’ultimo ha supportato “La differenza c’è ma che differenza fa?”, non solo attraverso importanti finanziamenti, ma facendosi garante e promotore dell’importanza del progetto per tutta la comunità.
Il progetto non si è realmente fermato nemmeno durante la Pandemia, lasciando spazio a idee che si sono realizzate in video inviati ai nidi. Al termine di tutte le limitazioni imposte a fronte del Covid-19, attraverso la rete di Terzo Tempo, che promuove l’inclusione sociale delle persone con disabilità, nel 2023 il Piano Sociale di Zona ha sostenuto la Cooperativa Duepuntiacapo nel riavviare progettazione e formazione.
Il valore generato dall’esperienza decennale ha permesso di porre le basi per orientare e incontrare il pensiero di un gruppo di lavoro allargato, rappresentativo delle diverse realtà coinvolte e motivato a sperimentarsi e confrontarsi. La formazione offerta dalla Cooperativa Duepuntiacapo ha strutturato il percorso sull’importanza della condivisione, sulla costruzione di un linguaggio comune, e sulla valorizzazione delle tematiche emergenti come spunti di riflessione per costruire un paradigma inclusivo. L’attenzione al benessere di tutte le persone coinvolte, educatrici e educatori compresi, ha generato un clima di fiducia, ma soprattutto ha portato alla graduale consapevolezza che la differenza anche nelle équipe di lavoro costituisce una ricchezza. L’ambizione del percorso formativo era di fatto quella di non suggerire traiettorie preconfezionate da replicare nei vari nidi, ma quella di rendere capaci i partecipanti di accostare nei diversi contesti la pratica del dialogo tra équipe per favorire e potenziare la relazione.
Rafforzare questa prassi è tra gli obiettivi del futuro, poiché la natura del progetto è sperimentale e dipende in larga misura dalle personalità di adulti e bambini che si cimentano e si cimenteranno nella relazione.
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